MusicaInMuseo
Museo Popoli e Culture, via Monte Rosa 81 Milano
Venerdì 29 settembre 2023, ore 19.45
Figli della stessa madre
di e con Silvia Colombini, soprano d’arti
Realizzazione basi musicali di Paolo Marconi
Con la partecipazione di Claudia Brancaccio, viola
Musiche di G. Puccini, L. Delibes, G. Rossini, tradizionali europee ed extraeuropee
Serata inaugurale della stagione 23/24 della rassegna MusicaInMuseo organizzata da Milano Classica (direttori artistici Claudia Brancaccio e Andrea Zaniboni)
Un nuova sfida da soprano d’arti! Domani venerdì 29 settembre darò letteralmente voce al Museo dei Popoli e delle Culture del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) con il concerto “Figli della stessa madre”, serata inaugurale della nuova stagione 23/24 di MusicaInMuseo, rassegna realizzata da Milano Classica (grazie ai direttori artistici Claudia Brancaccio e Andrea Zaniboni), nata per “aumentare” la fruizione del museo attraverso la musica.
Il Museo dei Popoli e delle Culture è un vero e proprio gioiello etno- antropologico che conserva oggetti magnifici raccolti, a partire dal 1852, dai missionari del PIME nei loro viaggi in Asia, Africa, Oceania e America Latina.
Molto più di un semplice concerto, un viaggio musicale che attraversa confini culturali, geografici e linguistici.
Partirò proprio dagli oggetti conservati nel museo, li descriverò e, attraverso di essi, racconterò i popoli e le culture da cui provengono. Poi creerò immaginari ponti tra queste culture lontane e il nostro occidente.
Non potete immaginare quanto sia sorprendente, anzi, commovente, disvelare un unico “cordone ombelicale” che lega tutti noi! Per questo motivo, ho voluto chiamare il concerto “Figli della stessa Madre”; che si intenda una madre celeste, o madre terra, è la stessa cosa, il protagonista vero del mio concerto è l’Uomo, ovunque e dovunque, semplicemente Uomo.
Il concerto inizierà proprio con la parola “Human” che intonerò su un vocalizzo da me composto accompagnandomi con il rarissimo strumento del tuono. Nella mia poetica musicale, rappresenta un ideale Big Bang, da cui tutto origina.
Il concerto prosegue poi seguendo l’acrostico U. O. M. O.. Per ogni lettera verranno sviluppati alcuni concetti. Con la lettera “O”, per esempio, parlerò di ornamenti, offerte; con la “M” di maschere, manufatti, mare e così via.
Uso spesso l’acrostico nelle mie performance, perché in un certo senso mi permette di “riordinare” gli argomenti e creare connessioni inaspettate, balzando da un capo all’altro del globo terrestre.
Il concerto è idealmente diviso in due parti: prima racconto gli oggetti del museo poi, mi lascio ispirare dalle tre grandi religioni orientali: Induismo, Taoismo e Buddismo anch’esse rappresentate nel museo con sculture e statue di grande valore.
Ogni oggetto, anche quelli di uso quotidiano, ha una sua sacralità, che quasi mi intimorisce, perché sono espressioni di vita vera, sembra di vedere infatti i volti e le mani di chi li ha utilizzati.
Sarà anche perché molte di queste culture ho potuto conoscerle personalmente da vicino. Così per esempio per l’India, la Cina, il Giappone, l’Amazzonia, l’Africa.
Quando canto quindi, gli occhi e il cuore si riempiono anche dei miei ricordi vividi.
Un esempio per tutti: il museo conserva vesti e stoffe di inestimabile valore e tra queste anche le Molas, cucite dalle sapienti mani dei Kuna, popolazione degli atolli del Pacifico a Panama. Ebbi la fortuna di vivere con i Kuna per circa un mese, accolta nelle loro capanne che la notte si piegavano come giunchi, travolte da bufere tropicali. Ogni singola notte ho pensato fosse l’ultima! Invece gli atolli dei Kuna resistono e il mattino il mare scintillante fruscia calmo lambendo la sabbia bianchissima. Ecco, queste emozioni vive, ispireranno il mio canto.
Voglio che il pubblico con me viva ciascun oggetto di questo museo come se fosse una piccolissima porta capace di farci entrare ciascuna in un mondo diverso, anche sonoro.
Una casetta degli spiriti Tailandese, una “collana” metallica indossata dalle donne cosiddette “giraffa” – le donne dell’etnia Kayan – un guanto di paglia utilizzato per la danza della Tucandeira, un tradizionale rito di passaggio, dolorosissimo, diffuso tra la popolazione Sateré Mawé della foresta amazzonica brasiliana… in ogni vetrina un mondo intero, che a volte è l’unico conosciuto da quella singola cultura.
Ma parliamo finalmente di canto.
Partendo dai suoni di queste culture, creerò ponti musicali con il grande repertorio operistico, eseguendo Bellini, Puccini, Mascagni, Rossini, Delibes. Poi, in linea con la poetica del soprano d’arti, canterò anche melodie in cinese, giapponese. Ormai ho perso il conto delle lingue del mio repertorio, penso siano diventate 15.
Le ultime due nascono proprio in questa occasione: l’aramaico – eseguirò un rarissimo “Padre Nostro” in questa lingua – e la lingua Norn, lingua delle isole Shetland nel nord della Scozia, estintasi intorno al 1850.
In quest’ultima lingua canterò un introvabile canto del mare, dimostrando come dalle canoe della Nuova Guinea alla Scozia, e a ogni dove, l’uomo ha sempre supplicato il mare di essere benevolo.
Mi esibisco in Cina dal 2011 e il mio repertorio cinese, ma anche giapponese, è molto nutrito.
Così queste lingue daranno voce all’ampia collezione di vasi cinesi (per cui eseguirò una melodia cinese da cui Puccini trasse un tema di Turandot e, senza soluzione di continuità, l’aria di Liù) e a un magnifico Ucikake, una sopraveste nuziale giapponese per cui eseguirò la canzone tradizionale Hazukoi (Il Primo Amore).
Infine canterò per una piccola statua che a mio avviso rappresenta il senso ultimo dell’attività del PIME. Si tratta di una piccola statuina di porcellana bianca che rappresenta Kannon, una divinità Giapponese, equivalente della Guan Yin cinese, divinità buddista della misericordia. La statuina nasconde una croce nel retro perché i cristiani giapponesi, brutalmente perseguitati, vi pregavano di nascosto la Madonna.
Per questa fragile e commovente icona eseguirò un mantra cinese dedicato alla divinità Guan Yin, una Ave Maria in lingua giapponese e concluderò eseguendo la “Vergine degli angeli” di G. Verdi.
Pensate, Kannon o Guan Yin, come la si voglia chiamare, letteralmente significa “colei che rivolge lo sguardo al suono”, ossia alle grida del mondo. Chissà se anche questo concerto possa in qualche modo farci ascoltare “quel” suono che l’Uomo porta con sé nel petto e che ci rende tutti uguali e che dovrebbe unirci nella diversità.
Ringrazio il PIME, Milano Classica (con la direzione artistica di Claudia Brancaccio e Andrea Zaniboni) e il M° Paolo Marconi per aver creato le basi musicali cucite su di me che mi accompagneranno.
Domani potrò/potremo viaggiare, sognare e sperare in una tanto necessaria fratellanza.
Silvia Colombini
E-Mail: sopranocolombini@gmail.com – Telefono: +39 335 376 000
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